Realizzazione di un modello Innovativo di aggregazione: Coworking
11 Novembre 2015Imprenditoria giovanile e femminile: Open Day a Rovigo con seminari e consulenze gratuite
18 Novembre 2015di Stefano Zambon, t²i –trasferimento tecnologico e innovazione s.c. a r.l. – Laboratori CERT
Responsabile servizi di certificazione, analisi e test per le imprese
L’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV) ha emesso da circa due anni le risoluzioni OIV-SCMA 477-2013 e OIV-SCMA 521-2013 per la determinazione degli ftalati nei vini e nelle bevande spiritose (¹). Tali metodiche completano la Raccolta dei metodi internazionali di analisi dei vini e dei mosti con l’inclusione di due nuovi metodi di ricerca degli ftalati mediante gascromatografia accoppiata a spettrometria di massa.
Con l’adozione di tali risoluzioni, l’OIV risponde alle necessità emerse recentemente nel commercio internazionale di controllare il rischio sanitario derivante da questi composti, e fornisce gli strumenti necessari allo sviluppo del commercio e della concorrenza nel settore del vino e delle bevande spiritose.
Ma cosa sono gli ftalati e come sono legati alla catena produttiva del vino e delle bevande spiritose? E quali limitazioni vengono stabilite per legge?
Gli ftalati sono molecole chimiche di sintesi impiegate per conferire caratteristiche di plasticità e flessibilità ad alcuni materiali polimerici. Severi studi hanno recentemente dimostrato la pericolosa caratteristica di questi composti di essere interferenti endocrini, e hanno trovato una stretta correlazione con casi di infertilità e di deformità del sistema ormonale e di quello riproduttivo maschile, mentre, ad oggi, risultano ancora dubbie le responsabilità su alcune tipologie di cancro.
Il Regolamento (UE) N. 10/2011 della Commissione del 14 gennaio 2011 “riguardante i materiali e gli oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari” prevede limiti di migrazione specifica (LMS) applicabili ad alcuni ftalati come riportato nell’allegato I in tabella 1 (²).
Per impedire l’arrivo di prodotti alimentari non conformi nelle tavole dei consumatori, è necessario che i produttori prestino notevole attenzione a controllare tutto il loro processo produttivo, dalle linee di trasporto e conservazione delle materie prime, dai contenitori e vasche di conservazione e lavorazione, ai materiali impiegati nell’imbottigliamento (non solo le linee, le bottiglie o contenitori in plastica ma anche i tappi) per poter valutare la possibile presenza di contaminazioni derivate da trattamenti o imballi deteriorati.
Una ricerca inglese condotta su vini e liquori francesi ha dato un risultato per certi versi “sconcertante” segnalando che solo il 36% dei vini analizzati non presenta ftalati o una presenza in tracce di queste sostanze non quantificabile. Tali percentuali aumentano vistosamente nelle bevande spiritose dove il tenore alcolico è maggiore.
Il dato che lascia interdetti è che nell’11% dei vini e nel 19% delle bevande spiritose vengono oltrepassati i limiti comunitari specifici dettati dal Regolamento (UE) N. 10/2011 e, pertanto, tali prodotti non potrebbero essere venduti per il consumo umano (³).
Ovvi pertanto i danni economici e d’immagine che possono derivare da segnalazioni provenienti dal mercato.
La prevenzione attuata tramite il controllo dei processi produttivi e il monitoraggio dei propri prodotti diventa un passo obbligatorio per i produttori.
Si trovano in letteratura vari suggerimenti sulle azioni preventive da porre in cantina come, ad esempio, porre attenzione ai rivestimenti dei contenitori in resina epossidica se di età superiore ai 10 anni o, per i tappi d’acquisto, a tutte le possibili contaminazioni date da lubrificanti, collanti, inchiostri, sanificanti, pelli colanti e altro.
Attuare un’adeguata attività di monitoraggio e controllo anche sul prodotto finale a costi contenuti è comunque possibile appoggiandosi a strutture esterne.
La scelta di un laboratorio esterno deve essere attuata con la consapevolezza della delicatezza di tali analisi e delle competenze attese da parte degli analisti. Le attrezzature per le analisi sono costose e non è pensabile recuperare macchinari per operare internamente. Il laboratorio dovrebbe pertanto garantire di operare con metodi di adeguata affidabilità e operare in conformità alla norma ISO/IEC 17025 e/o all’accreditamento dell’ente unico nazionale ACCREDIA (º).
A Rustignè di Oderzo il laboratorio chimico CERT di trasferimento tecnologico e innovazione-t2i s.c.ar.l. ha sviluppato da anni le metodiche di analisi di sostanze tossiche quali i ftalati in varie matrici, tra cui il vino, e si pone come punto di riferimento per i produttori. Il campione da consegnare in laboratorio dovrebbe rappresentare l’intero lotto di produzione di cui si ha piena tracciabilità dei materiali e dei processi impiegati.
Già dall’entrata in vigore del Reg. UE n. 10/2011 sono iniziati i controlli da parte di istituti di vigilanza esterna, e nell’ultimo periodo, a seguito di rilevamenti di concentrazioni superiori ai limiti di legge, sono scattate verifiche più approfondite per cercare di individuare la/le fonte/i dell’inquinamento.
Quelli che possono essere visti da parte dei produttori come ulteriori “orpelli” si possono invece rivelare come opportunità per considerare e migliorare la propria catena produttiva in cui la qualità non viene dal solo raccolto ma da tutti i processi e materiali impiegati.
Riferimenti
(¹) http://www.oiv.int/oiv/info/itphthalates?lang=it
(²) http://eurlex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2011:012:0001:0089:IT:PDF
(³) http://www.academicwino.com/2014/08/phthalate-contamination-wines.html/
(º) http://www.accredia.it/context.jsp?ID_LINK=24&are=6
Fonte: L’Economia della Marca Trevigiana N. 4, Luglio – Agosto 2015